Il sintomo si isola con il suo scarto rispetto al discorso comune, generalmente vissuto penosamente come impotenza ma soprattutto come conflitto interiore. La psicoanalisi si occupa di quel che eccede al principio di piacere, cosa che è produttrice di sofferenza soggettiva, ossia Ripetizione e Sintomo, entrambe all’origine delle lamentele dei soggetti e che giustificano l’intervento dell’analista.
Che un analista sappia molto, non c’è dubbio. Anzitutto attraverso la propria analisi, perché ciascuna analisi è un insegnamento. Poi tramite gli svariati studi che egli fa sui testi di quelli che da più di un secolo, da Freud a Lacan, hanno tentato di concettualizzarne l’esperienza.
Questo termine di “sapere” che Lacan ha introdotto nella psicoanalisi, vi costituisce un paradosso. Anzitutto perché l’inconscio è piuttosto quello che giustappunto non si sa, un non saputo dunque, e perché il modello del sapere fornito dalla scienza esclude per definizione la soggettività, che non implica altro che verità singolari – Il trauma è sempre SINGOLARE. Vi è trauma per ogni parlante ma ciascuno ha il suo. – Lacan ha dato una bella formula del paradosso: gli analisti sono “gli studiosi di un sapere del quale non possono parlare tra di loro” e del quale si sa soltanto attraverso la loro analisi spinta fino alle sue conseguenze.
Che cos’è dunque questo sapere? Che c’è dell’inconscio? Che cos’è l’inconscio? Quali sono le sue conseguenze reali?